
Papà mio è quasi vecchio,
lui dice che è vecchio.
Io penso che non c’è nulla al mondo che vorrei capire
all’infuori delle persone.
Gli anni, dopo un certo numero,
vanno all’incontrario.
Papà mio ne ha più di sessanta,
mi sembra,
è tornato bambino.
Lui brontola,
come uno stomaco che brontola
e gira per casa dicendo sempre le cose del giorno prima.
E’ incredibile
– papà lo so che devo chiudere il cancello
– che devo ritornare per le dodici e un quarto
– papà so tutto oramai.
– Però la sai una cosa?
– Ricordamelo ancora.
Perché le persone col tempo
diventano più buone?
Giuro che non lo so,
anche se è proprio così.
Papà di sera
se ne resta in cucina,
accende una sigaretta,
si siede, guarda e fuma.
Guarda alla televisione qualche programma
che parla di pallone
perché l’italia è una penisola di calciatori,
e fuma,
perché così le ore vanno giù meglio.
Papà di giorno porta i figli al treno,
cucina alla buona,
guarda la tele,
poi non so.
Le sue giornate escono tiepide
dalla fotocopiatrice
poi i capelli diventano bianchi,
i figli vanno a scuola e al lavoro
e – per la miseria –
non c’è mai tempo di stare dietro
al mondo che gira!
– non è così papà?
Lui gira, tu resti fermo,
con una sigaretta in bocca
a guardare gli uomini pazzi del telegiornale,
mentre il fumo si alza e il cuore sussurra
– va bene così! –
i giorni passano,
tu non mi hai mai detto niente
del tuo passato,
di quando eri bambino
e di quando non eri più bambino.
Io avrei voluto sapere.
Ma adesso che mi basta guardarti
per capire cos’hai,
penso che mi importa poco.
– va bene così –
ancora una volta
anche quando non va bene un accidente
Papà mio la vita non la scrive,
la guarda davanti a un televisore e un piatto.
A cena, nell’ora della famiglia,
beve il vino del supermercato
e litiga con le parole per l’ingiustizia
di una scuola finita presto.
Parole di vent’anni fa,
consigli sbiaditi.
– Chiudo gli occhi –
Penso che dentro ogni frase ci sia un segreto
– mai più parole non sentite –
una frase un pezzo di foto,
sempre.
Anche quando le parole dicono altro.
Non ci sono storie inventate,
non ce ne sono mai state.
Papà mio lo sa.
Un – due – tre – stella
poi nascondino,
quand’ero bambino papà lavorava,
io giocavo, lui lavorava
io studiavo, lui lavorava
lui andava in pensione, io lavoravo
– così –
le nostre vite si sono mischiate
– inevitabilmente –
un bambino cresce
e si porta dentro lo spirito
di tutta una famiglia
e di un secolo di vite.
E’ un odore che conosco bene,
è un sapore che ho sempre sulla lingua,
un ronzio nelle orecchie,
una sagoma allo specchio,
come le prime sillabe
che non si scordano più:
-ma-ma-
-ma-ma
-pa-pà-
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